La bonifica integrale della pianura che si estende fra la città di Salerno e la riva destra del fiume Sele ha dato un contributo fondamentale al processo di sviluppo che ha portato nel corso degli ultimi cento anni tale zona a diventare una delle più importanti per l’economia agraria, e non solo agraria, della Regione Campania, e quindi a rivestire un peso non trascurabile nell’ evoluzione dell’agricoltura meridionale.
Nodo centrale della vicenda bonifica nella Piana del Sele è stata la lotta secolare condotta dagli operatori economici della pianura per fare proprie ed utilizzare, nella maniera più razionale, le risorse idriche, in una zona che, pur essendo tutt’altro che priva di tali risorse, è stata da sempre soggetta a forti oscillazioni nelle precipitazioni atmosferiche, come hanno rilevato vari osservatori. In più, la particolare conformazione geologica del suolo, la carenza nei lavori di difesa e canalizzazione dei fiumi e dei torrenti che solcano la pianura hanno dato luogo, fin da tempi antichissimi, a periodiche e ricorrenti inondazioni dei territori più prossimi alla fascia costiera, con il conseguente ristagno delle acque e l’impaludamento, che ha sottratto per secoli all’utilizzazione una grossa fetta di questo territorio.
Il grande sforzo di trasformazione che l’intervento umano ha prodotto per modificare il paesaggio e la struttura produttiva di quel territorio ha dovuto fare i conti, inoltre, con la pretesa avanzata da parte di qualcuno dei grandi proprietari della zona, fino agli inizi del secolo scorso, di monopolizzare ed usare a proprio esclusivo vantaggio la fondamentale risorsa dell’acqua. Pertanto si può ben dire che lo scontro fra modernizzazione ed immobilismo, fra sviluppo ed arretratezza in questa parte del Mezzogiorno è cominciato quando sono stati messi in discussione i vecchi privilegi sull’uso delle acque per le esigenze di irrigazione, quando è stata imposta ai vecchi proprietari feudali la regolamentazione pubblica delle derivazioni dai fiumi.
In questo senso la storia della “Piana” ricalca quanto era già avvenuto, con qualche decennio di anticipo, in altre parti d’Italia. Ed anche qui la caduta delle barriere, di origine feudale, che impedivano l’utilizzazione delle acque fluviali per la coltivazione è stata all’origine di tutti i successivi tentativi di sottoporre a coltura nuovi terreni strappati alla palude, di ampliare via via lo sfruttamento delle risorse naturali. Per cui il processo di trasformazione della struttura agraria si intreccia, e per certi versi ne diventa il motivo trainante, alla formazione di un sistema produttivo di tipo moderno, direttamente nel settore dell’ industria di trasformazione dei prodotti agricoli, indirettamente in rami dell’ industria che producono beni strumentali o in campi di recente e promettente sviluppo, come quello delle fonti di energia. Si apre a questo punto il capitolo, vasto e complesso, del rapporto fra industria ed agricoltura e quindi dell’incidenza del settore agricolo sullo sviluppo economico nel suo complesso: capitolo che, oltre ad essere di decisiva importanza storica, riveste un carattere di indubbia attualità.